Testo di Rami Syrianos dalla prigione di Larissa in solidarietà con Olga Ikonomidou

da: Viva la Anarquía!

“Ogni conflitto col potere, anche se parziale o minoritario, contiene in se stesso la stessa posta in gioco della guerra rivoluzionaria”

La compagna Olga Ikonomidou si trova da un mese a questa parte in isolamento nel carcere di Diavata, a causa del suo rifiuto della perquisizione corporale.
Lasciando da parte i ridicoli pretesti dei carcerieri, poiché non sono capaci di convincere nemmeno il più ingenuo,  è chiaro come la ragione così come l’obiettivo di questa condanna nella condanna sia la stessa posizione irriducibile della compagna, quanto il fatto che questa si mostri tramite la negazione dell’umiliazione della perquisizione corporale, come tramite qualsiasi altra maniera. In poche parole, tutti questi giorni che Olga ha passato permanentemente sorvegliata dall’obiettivo di una telecamera, che ostentatamente chiamano “luogo di accoglienza”, non costituiscono nient’altro se non la risposta repressiva dello stato alla sua scelta di mantenere la sua posizione politica e la sua combattività dentro le mura.

Oltre qualsiasi semplificazione sulla vendetta, generale e incerta, dobbiamo tenere presente come ogni pratica repressiva (tanto fuori quanto dentro le mura) si inserisca e sia sfruttata come una parte dell’ampia strategia repressiva del dominio, anche quando non è pianificata deliberatamente. La politica del conflitto multiforme che ha luogo senza sosta nel quadro della guerra sociale, che sia espressa a livello collettivo o individuale, mette in gioco in ogni aspetto di entrambi i lati che si affrontano: il costo politico (o il guadagno) del suo risultato e il precedente che quella crea.

“I sistemi totalitari ricordano il pattinaggio artistico: complicate macchine precise e soprattutto totalmente incerte. Sotto la fragile corteccia dell’ordine si trova l’agguato del ghiacciato caos… ed esistono angoli dove il ghiaccio è ingannevolmente delicato.”

L’ambiente dentro le mura costituisce una bomba ad orologeria senza “blocchi di sicurezza” costantemente pronta ad esplodere. La continua pressione psicologica che dispone ognuno ad un livello particolare proveniente dalla prigionia può – quando non scoppia tra gli stessi prigionieri o quando non si sfoga in maniera autodistruttiva tramite l’eroina e gli psicofarmaci – trasformarsi in una forza distruttiva con risultati per niente desiderati dal potere (le carceri sono state bruciate fin dalla loro fondazione per motivi apparentemente insignificanti). Per il mantenimento del fragile ordine interno a queste condizioni, la tolleranza zero di fronte ad ogni tipo di ribellione è necessaria – naturalmente combinata con i differenti tipi di valvole di sfogo -. In base a questa doppia strategia di controllo e repressione è dove si considera estremamente pericolosa la presenza di persone che non abboccano all’esca né cadono nella trappola e che allo stesso tempo sono decise a provocare una rottura tanto coi meccanismi quanto con le coscienze dentro il carcere.
Coscienze radicali e pratiche di rottura che diffondendosi possono avere come risultato la scintilla che farà saltare in aria l’apparente normalità. Le istituzioni penitenziarie di ogni luogo sanno tutto ciò molto bene per questo sono disposte lì dove possono a scaricare la durezza che dispongono, tenendo come primo obiettivo proprio il simbolismo che trae con sé ogni negazione.

“… i terroristi non devono comunicare tra di loro. Se un terrorista non comunica con nessuno morirà come un pesce sulla terra ferma… se disidrati un terrorista isolandolo dalle sue fonti ideologiche e spirituali allora muore la sua parte rivoluzionaria, cioè il suo lato distruttivo…”

Dagli anni ’70 in poi il regime speciale di isolamento è diventato il metodo tipico per castigare coloro che si oppongono politicamente al dominio. Lottatori di tutti gli spettri del movimento rivoluzionario che provarono sulla propria pelle questa tortura “civilizzata”. Nella maggior parte dei regimi della democrazia borghese, il mantenimento della maschera “democratica”, civilizzata e “umana” costituisce una parte organica dei suoi meccanismi sociali. L’isolamento arrivò come strumento ideale (a causa della sua natura intangibile, che permette di guardare le apparenze, ma anche la sua effettività scientificamente provata per inenarrabili esperimenti militari) per l’eliminazione del suo nemico interno.
Oltre ogni esagerazione, si può dire che l’isolamento costituisce in questo momento una raccolta di pratiche di castighi speciali.

In Grecia i condannati e i membri del 17N sono gli unici che si trovano in questo momento in questo regime di prigionia speciale in maniera permanente. Tuttavia, l’isolamento prolungato per mesi costituiva una pratica che si utilizzava ampiamente nel passato (assieme alle percosse e altri metodi di tortura) con l’obiettivo di condurre i prigionieri ribelli all’estenuazione fisica e mentale. Negli ultimi anni la trasformazione graduale dei metodi di controllo del carcere, con l’introduzione dei cosiddetti “benefici” usati come ricatti e lo stabilimento dell’utilizzazione dell’eroina e psicofarmaci in maniera massiccia ha condotto ad un relativo eclissarsi di queste pratiche.

Il ristabilimento dell’isolamento prolungato negli ultimi tempi costituisce – molto più che una semplice regressione- il presagio di come si prepara il terreno per la creazione di una relativa repressione e di una “condanna personalizzata per garantire l’ordine”, stabilendo il regime di prigionia speciale come una condizione permanente.
Così come non è passato molto tempo dalle proposte dell’allora capo della polizia che tra gli altri si riferivano al trasferimento di tutti i condannati per la legge antiterrorista nella galera speciale che si costruì a Larissa col principale obiettivo di “accogliere” i condannati del 17N

E’ ovvio come il lato del dominio sviluppi costantemente la strategia repressiva di sfruttare la frammentazione del nostro lato ed il clima generalizzato di tensione predominante. Di fronte a questi metodi è necessario mobilizzare le nostre file, mantenendo chiaro l’insieme di obiettivo dei movimenti del nemico. Questa è la creazione del fronte rivoluzionario polimorfo che – lungi da una logica centrata unicamente sull’autodifesa – sarà in posizione per costituire il colpo di grazia al già scosso regime sociale.

“Il negatore non si pente. Se chiederanno, ancora una volta, tornerà a dire di no. E tuttavia starà pagando questo no – il corretto – per tutta la sua vita…”

SOLIDARIETA’ CON OLGA IKONOMIDOU CHE SI TROVA IN ISOLAMENTO DA UN MESE E MEZZO, AFFRONTANDO IL COSTO DELLA SUA IRRIDUCIBILE POSIZIONE.

Rami Syrianos
Carcere di Larissa.

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2 risposte a Testo di Rami Syrianos dalla prigione di Larissa in solidarietà con Olga Ikonomidou

  1. Pingback: Greece – Text written by Rami Syrianos from Larissa prison in solidarity with Olga Ikonomidou

  2. sara scrive:

    Solidarietà alla compagna Olga chiusa nelle gabbie dello Stato Assassino!! FUOCO ALLE PRIGIONI!

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