Ricevo parte della traduzione, traduco e diffondo
Lettera agli immobili:
Della “lotta” ancorata ed altri discorsi caduchi
-Risposta, a voce alta, alla dichiarazione pubblica della Conferenza Nazionale della Federazione Anarchica Italiana (F.A.I.)[*]
Mettere piede nella spiaggia vergine, agitare il meraviglioso che dorme, sentire il respiro dell’ignoto, il brivido di una forma nuova: ecco qui il necessario. Vale più l’orribile che il vecchio. Vale più deformare che ripetere. Prima distruggere che copiare. Vengano i mostri se sono giovani. Il male è ciò che andiamo lasciando alle nostre spalle. La bellezza è il mistero che nasce.
– Rafael Barret
A proposito di imbecillis ed altre ignominie ricorrenti
Probabilmente, facendo gala del più rancido accademismo, il proprio bagaglio culturale e la propria illuminata nozione linguistica, i firmatari della grande dichiarazione pubblica, ricorrono al vocabolo “Imbecillis” con l’intenzione di «chiamare le cose col proprio nome», con una dimostrazione di erudizione etimologica senza precedenti nei nostri depositi. Data l’etimologia latina del termine è molto probabile che questo sia il caso. E se così, dichiaro in anticipo inopportuna questa risposta e riconosco la mia inettutidine davanti all’indiscutibile capacità semantica dei redattori di tale dichiarazione.
Malgrado l’incertezza che ancora genera la radice reale di questo aggettivo, oggi non abbiamo dudbbi che Imbecillis provenga da Imbecillus, parola composta a partire dal prefisso “in” o “im” (senza) -negativo, molto usato per creare aggettivi qualificativi in latino, generalmente peggiorativi, esaltando carenze (insanus, imbellis, imberbis, impar, informe, incapace, invertebrato, ecc.)- ed il vocabolo bacillus (bastoncino o piccolo bastone); per cui nell’etimologia popolare abitualmente si associa il termine Imbecillus con Im-bacillus o sine bacillus (senza bastoncino) o Im-baculum o sine baculum (senza bastone), descrivendo quella persona carente di sostegno o supporto malgrado l’imminente mancanza o necessità di appoggio per poter ottenere un andamento “normale”, da ciò si deduce un'”incapacità” o “debolezza” che lo trasforma in un “invalido” alla “dipendenza degli altri per potere muoversi”. Questo sarebbe l’uso che al momento gli diedero i romani parlanti e che spiega il suo attuale significato, basato sul valore che si assegnerà al vocabolo “imbecille” nel francese del XVII secolo, rimanendo registrata l’accezione di “debole mentalmente” e anche, si sarebbe incorporato il termine nel vocabolario clinico specificando la sua applicazione ai «deboli mentali il cui sviluppo mentale è il corrispondente all’età compresa tra i tre e i sette anni[1]»; in tal modo, si sarebbe impiegato con disprezzo verso le persone di poca intelligenza come sinonimo di «sciocco, stupido, idiota o tonto»[2].
Imbecillus, visualizza anche un’altra accezione molto meno conosciuta partendo dalla sua associazione etimologica. Tanto il vocabolo baculus (bastone) quanto il suo diminutivo (bacillus), non erano imperiosamente relazionati nell’antica Roma alla necessità di “appoggio” per incapacità o debolezza. Il bastone o bastoncino simbolizzava anche il “bastone di comando”, scettro (dal latino sceptrum, dal greco skêptron) o bacchio (dal latino, bacûlum), che costituisce un’insegna degli imperatori, re, vescovi, arcivescovi ed altri uomini di Potere; simbolo di autorità (auctoritas) acquisita per “eredità divina”, potere, ragionevolezza o esperienza. Da ciò che si apprende l’uso del vocabolo Imbecillis nel latino classico come sinonimo di Intrepîdus (intrepido) o “sconsiderato”, “giovane carente di esperienze”, “senza esperienza” o “senza autorità”. Imbecilla aetas (età debole/età imbecille) è l’espressione con la quale si descrive la freschezza e l’audacia dell’adolescenza e della gioventù.
Ma NO! Questi “anarchici” federati, ricorrono al vocabolo imbecillis assegnandoli il valore dell’accezione popolare per riferirsi con disprezzo a mezzo secolo di compagni ANARCHICI prigionieri nelle oscure segrete delle varie prigioni italiane e ad un nutrito gruppo di compagni incarcerati in tutto il mondo, condannati per aver dato vita all’Anarchia in Germania, Bolivia, Cile, Stato spagnolo, Francia, Grecia, Messico, Svizzera ed altre regioni geografiche. Passando, squalificano anche tutti quei compagni che quotidianamente, con il proprio irriducibile agire, confermano che l’Anarchia è verbo e non sostantivo.
Sciocchi, stupidi, idioti, tonti ed imbecilli, sono i banali aggettivi per designare gli indomiti di sempre che osano mettere in pratica la nostra teoria. “Illegalisti”; “Provocatori”; “Infiltrati”; “Delinquenti”, “Supereroi di cartoni animati”, pure sono gli epiteti più ricorrenti per squalificare i refrattari che pongono enfasi nella corrispondenza eufonica tra teoria e pratica, tra idee ed azione.
Il vittimismo, è un’altra delle più frequenti posizioni della Federazione Anarchica Italiana, insistendo nel dire -fino allo sfinimento altrui- che l’agire anarchico dei gruppi informali «è funzionale» per gli intenti del sistema di dominio di coinvolgere «tutto il movimento anarchico in un processo di criminalizzazione generale […] che ha investito pesantemente la Federazione Anarchica Italiana»[3]
Sarebbe interessante se ci fornissero la cifra dei propri federati prigionieri e ci rendessero partecipi -solo per curiosità- i dettagli di questi “attacchi” che avrebbero sofferto, perché ciò che è per noi chiaro è il timore che provoca loro il fatto che si metta allo scoperto la loro profonda vocazione immobilista, la loro risaputa propensione alla finzione ed alla magniloquenza discorsiva che li caratterizza.
Sono comunque così cinici che, alimentando la farsa di un complotto “provocatorio”, si sentono offesi da una propaganda “perversa” che «sostiene che gran parte del movimento anarchico è semplicemente “un anarchismo ideologico e cinico, vuoto di qualsiasi alito di vita […] che lavora per il rafforzamento della democrazia»[4]. Ed io domando a questi anarchici federati, forse mentono i compagni del Nucleo Olga quando affermano quanto scritto sopra? Credo di no. Piuttosto se di qualcosa peccano, questi compagni, è di omissione, riducendo a poche righe una lunga serie di ingiustizie perpetrate da questa “Federazione Anarchica” nemica Dell’Anarchia.
La Federazione Anarchica Italiana (F.A.I.) –la classica e più antica organizzazione dell’anarchismo specifista[5] nel territorio- come già si usava nel secolo precedente, ritorna ad incolpare i compagni coerenti con la pratica anarchica della feroce repressione dello Stato e delle oscene manovre dei mezzi di alienazione di massa. Come se non bastasse, li si incrimina inoltre di complicità con l’«oligarchia al potere […] con il chiaro intento di ottenere l’unità di tutte le parti in difesa dello Stato» intraprendendo una nuova campagna di mistificazione e confusione, accusando i nostri compagni di proselitismo della «lotta armata».
E’ di troppo entrare in distinzioni, ripetendo per l’ennesima volta le differenze teorico-pratiche tra “lotta armata” e “via armata”. O esporre una volta ancora la nostra critica al culto del fucile; la nostra marcata enfasi contro la specializzazione e l’avanguardia; il nostro reiterato rifiuto alla clandestinità e alla logica guerrigliera. Non si tratta di questioni semantiche e/o fraintendimenti teorici, quello che è in gioco e che preoccupa tutti questi opportunisti, è la fine dell’immobilismo, il termine della paralisi a cui avevano condannato l’anarchia dalla sconfitta dell’anarcosindacalismo spagnolo. Per questo temono tanto la riattivazione della linea di azione cospirativa. Per questo tremano davanti al risveglio sedizioso dell’Anarchia. Che torniamo ad essere i peggiori incubi del sistema che domina porta conseguenze agli immobilisti: l’estensione della lotta sovversiva incarna la fine dell’anarchismo da bar, conclude i discorsi da salotto, termina l’archeologia libertaria, rimuove la posa falsa e protagonista, sradica il pacifismo pusillanime, bandisce tutto ciò che è alieno dai nostri depositi. Questo spiega, senza dubbio, l’eco e il perché si diffondono con “gusto” le dichiarazioni codarde de la F.A.I. da questa parte dell’Atlantico.
L’incapacità di reazione autenticamente sovversiva e la premeditata assenza di un equilibrio critico, ha portato l’anarcosindacalismo e lo specifismo per il sentiero dell’autocompiacimento ideologico, l’immobilismo e la decadenza, istituzionalizzandosi in una opposizione simbolica –vergognosamente attaccata alla legalità e accomodante con le regole del gioco imposte dalla dominazione- che le permette di vegetare nell’alienazione, lasciando l’azione ridotta alle dichiarazioni, ai congressi e al turismo rivoluzionario. Il conservatorismo di buona parte della sua militanza ha soggiogato l’Anarchia, trasformandola in un passatempo demagogico alla mercè dell’ideologia e del prolungamento indefinito della vita artificiale di un “movimento” esangue condannando alla sempiterna simulazione. Segnalare le persistenti pratiche e propositi antianarchici dell’immobilismo sindacalista e specifista è il nostro compito immediato, solo in questo modo potremo superare diagrammi obsoleti di organizzazione e azione che ostruiscono il cammino di un nuovo paradigma che si costruisce in questo istante perché vive nei nostri cuori e si fa grande al grido: Evviva l’Anarchia!
Un grande abbraccio rabbiosamente anarchico per i compagni: Mario López; Braulio Durán; Gabriel Pombo da Silva; Marco Camenisch; Luciano Pitronello; Henry Zegarrundo; Elisa Di Bernardo; Stefano Gabriele Fosco; Alessandro Settepani; Giuseppe Lo Turco; Sergio Maria Stefani; Alberto Funaro; Inés Morasca; Marina Cugnaschi; Vincenzo Vecchi; Francesco Puglisi: Mihalis Nikolopoulos; Giorgos Nikolopoulos; Christos Tsakalos; Olga Ikonomidou; Damianos Bolano; Theofilos Mavropoulos; Gerasimos Tsakalos e tutte le sorelle e i fratelli carcerati nel mondo!
Un saluto ardentemente solidale per la compagna Felicity Ryder e gli altri fratelli fuggiaschi in qualunque posto essi siano!
Gustavo Rodríguez
San Luis Potosí, 13 julio 2012
[*] “Della lotta armata e di alcuni imbecilli“, dichiarazione della Conferenza Nazionale della F.A.I. ; 3 giugno 2012, Reggio Emilia, Italia, disponibile qui: http://federazioneanarchica.org
[1] Vedere, María Moliner, Diccionario del uso del español, pag. 1603; Editorial Gredos, Madrid, 2007.
[2] Id.
[3] F.A.I., “Della lotta armata e di alcuni imbecilli“, dichiarazione della Conferenza Nazionale, disponibile qui: http://federazioneanarchica.org
[4] Ibidem
[5] Forse risulta ovvio, ma diciamolo comunque per enfatizzare le posizioni: per “anarchismo specifista” intendiamo una forma organizzativa determinata e la pratica che corrisponde ad essa, relativa all’organizzazione specificamente anarchica. Fanno parte del tronco specifista anche i gruppi ascritti alla corrente solitamente conosciuta come “piattaformista” per la propria ispirazione ai postulati della Piattaforma Organizzativa (originariamente redatta nel lontano 1926 da Nestor Makhno, Piotr Arshinoff e Ida Mett) e, una variazione poco originale dalla sua definizione di base, e l’inosservato Manifesto del Comunismo Libertario di Geoge Fonteins datato 1953. E’ da ricordare che tanto Bakunin quanto Malatesta facevano riferimento a la formazione di “partiti” anarchici mettendo l’accento sulla necessità dell’organizzazione specificamente anarchica: una denominazione che nemmeno per idea si avvicina ai partiti con pretese di attuazione elettorale e parlamentare e nemmeno fa riferimento al tipo di formazione gerarchica e irreggimentata che si associa al termine “partito di avanguardia”, come pretendeva coniare la Federazione Anarchica Uruguaiana (F.A.U.) tra il 1936 e il 1975.
Inoltre, va osservato che il periodo di diffusione dell’”anarchismo specifista” inizia proprio con la disfatta del progetto dell’anarcosindacalismo e il ritiro di questo paradigma; tuttavia, dobbiamo sottolineare che le specifiche organizzazioni non nascono solamente dopo la disfatta dell’anarcosindacalismo spagnolo, anche se risulterà evidente che la loro importanza sarà sistematicamente ridimensionata solo dopo e non prima di questo evento. Ad ogni modo è chiaro che che il periodo in cui prevalsero le organizzazioni specifiche non corrisponde in praticamente nessun caso con l’esistenza di un paradigma anarchico, rimanendo iscritto in una fase di recesso e sopravvivenza, che mira al mantenimento di alcuni riferimenti teorici di base, ma già in un’atmosfera di dispersione e di assenza di paradigmi chiari e riproducibili. Epoca evidentemente ostile o, per lo meno, poco favorevole che abbiamo chiamato anarchismo in transizione, in quanto continuano ad albergare i riferimenti di base delle sue istanze funzionali, ma scompare come minaccia materiale, come critica che affonda le sue radici nelle condizioni materiali delle lotte concrete per degenerare in ideologia.
[6] F.A.I., Op cit.
* * * * *
Recibo y difundo
Epístola a los inmóviles:
De la “lucha” anclada y otros discursos caducos
–Respuesta, en voz alta, a la declaración pública de la Conferencia Nacional de la Federación Anarquista Italiana (F.A.I.).[*]
Poner pie en la playa virgen, agitar lo maravilloso que duerme, sentir el soplo de lo desconocido, el estremecimiento de una forma nueva: he aquí lo necesario. Más vale lo horrible que lo viejo. Más vale deformar que repetir. Antes destruir que copiar. Vengan los monstruos si son jóvenes. El mal es lo que vamos dejando a nuestras espaldas. La belleza es el misterio que nace.
– Rafael Barret
A propósito de imbecillis y otras ignominias recurrentes
Tal vez, haciendo gala del más rancio academicismo, su gran acervo cultural y su ilustrada noción lingüística, los firmantes de tamaña declaración pública, recurren al vocablo “Imbecillis” con la intención de «llamar las cosas por su nombre», en un alarde de erudición etimológica sin precedentes en nuestras tiendas. Dada la etimología latina del término es muy probable que este sea el caso. De ser así, de antemano declaro improcedente esta respuesta y reconozco mi ineptitud ante la incuestionable capacidad semántica de los redactores de tal declaratoria.
Pese a la incertidumbre que aún genera la raíz real de este adjetivo, hoy no nos cabe duda que Imbecillis proviene de Imbecillus, palabra compuesta a partir del prefijo “in” o “im” (sin) –negativo, muy socorrido para crear adjetivos calificativos en latín, generalmente peyorativos, exaltando carencias (insanus, imbellis, imberbis, impar, informe, incapaz, invertebrado, etc.)– y el vocablo bacillus (bastoncillo o bastón pequeño); por lo que en la etimología popular habitualmente se asocia el término Imbecillus con Im–bacillus o sine bacillus (sin bastoncillo) o Im-baculum o sine baculum (sin bastón), describiendo a aquella persona carente de sostén o soporte pese a la inminente falta o necesidad de apoyo para poder lograr un andar “normal”, de lo que se deduce una “incapacidad” o “debilidad” que le convierte en “minusválido” al “depender de los demás para poder moverse”. Este sería el uso que corrientemente le dieran los romano parlantes y que explica su actual significado, fundamentado en el valor que se le asignara al vocablo “imbécil” en el francés del siglo XVII, quedando registrada la acepción de «débil mental» e incluso, se incorporaría el término al vocabulario clínico especificando su aplicación a «los débiles mentales cuyo desarrollo mental es el correspondiente a la edad comprendida entre los tres y los siete años[1]»; de tal modo, se emplearía despectivamente hacia las personas de poca inteligencia como sinónimo de «bobo, estúpido, idiota o tonto»[2].
Imbecillus, también despliega otra acepción mucho menos conocida partiendo de su asociación etimológica. Tanto el vocablo baculus (bastón) como su diminutivo (bacillus), no estaba imperiosamente relacionado en la antigua Roma a la necesidad de “apoyo” por incapacidad o debilidad. El bastón o bastoncillo simbolizaba también “bastón de mando”, cetro (del latín sceptrum, del griego skêptron) o báculo (del latín, bacûlum), que constituye una insignia de los emperadores, reyes, obispos, arzobispos y otros hombres de Poder; símbolo de autoridad (auctoritas) adquirida por “herencia divina”, poder, sensatez o experiencia. De lo que se desprende el uso del vocablo Imbecillis en el latín clásico como sinónimo de Intrepîdus (intrépido) o “irreflexivo”, “joven carente de vivencias”, “sin experiencia” o “sin autoridad”. Imbecilla aetas (edad débil/edad imbécil) es la expresión con que se describe la frescura y la intrepidez de la adolescencia y la juventud.
Por eso, mi superlativa sorpresa, al intuir la inminente sapiencia de estos insignes letrados –hijos adoptivos de la Acracia–, que tan atinadamente recurrían a esta acepción clásica para representar un anarquismo nuevo, cargado de arrojo y lozanía, que opta por el descubrimiento en lugar de la monotonía; que escoge deformar en vez de repetir; que prefiere destruir que copiar; que vive y no agoniza en letra muerta.
¡Pero NO! Estos “anarquistas” federados, recurren al vocablo imbecillis asignándole el valor de la acepción popular para referirse despectivamente a medio centenar de compañeros ANARQUISTAS presos en las oscuras mazmorras de varias prisiones italianas y a un nutrido grupo de compañeros encarcelados alrededor del mundo, condenados por darle vida a la Anarquía en Alemania, Bolivia, Chile, Estado español, Francia, Grecia, México, Suiza y otras regiones geográficas. De paso, descalifican también a todos aquellos compañeros que cotidianamente, con su irreductible accionar, confirman que la Anarquía es verbo y no sustantivo.
Bobos, estúpidos, idiotas, tontos e imbéciles, son los trillados adjetivos para designar a los indómitos de siempre que osan llevar a la práctica nuestra teoría. “Ilegalistas”; “Provocadores”; “Infiltrados”; “Delincuentes”, “Superhéroes de caricatura”, también son los epítetos más recurrentes para descalificar a los refractarios que ponen énfasis en la correspondencia eufónica entre teoría y práctica, entre ideas y acción.
El victimismo, es otro de los más frecuentes posicionamientos de la Federación Anarquista Italiana, insistiendo –hasta el cansancio ajeno– en que el accionar anárquico de los grupos informales «es funcional» para los intentos del sistema de dominación de involucrar a «todo el movimiento anarquista en un proceso de criminalización general […] embistiendo fuertemente a la Federación Anarquista Italiana»[3].
Sería interesante que nos proporcionaran la cifra de sus federados presos y nos compartieran –sólo como dato curioso– los detalles de esos “embates” que pretendidamente han sufrido, porque lo que sí nos queda en claro es el temor que les provoca que se ponga al descubierto su profunda vocación inmovilista, su conocida propensión a la ficción y la grandilocuencia discursiva que les caracteriza.
Todavía son tan cínicos que, alimentando la farsa de un complot “provocador”, se dan por ofendidos ante una propaganda “perversa” que «sostiene que gran parte del movimiento anarquista es simplemente un “anarquismo ideológico y cínico, vacío de cualquier aliento de vida […] que trabaja por el fortalecimiento de la democracia”»[4]. Y yo les pregunto a estos “anarquistas” federados ¿Acaso mienten los compañeros del núcleo “Olga”, cuando afirman lo anterior? Considero que no. Más bien, si de algo pecan estos compas es de omisión, reduciendo a unas cuantas líneas la larga lista de agravios perpetuados por esta “Federación Anarquista” enemiga de la Anarquía.
La Federazione Anarchica Italiana (F.A.I.) –la clásica y más antigua organización del anarquismo especificista[5] en la región–, como ya es costumbre desde el siglo pasado, vuelve a culpar de la feroz represión del Estado y de las obscenas maniobras de los medios de alienación masiva a los compañeros consecuentes con la praxis anárquica. Por si fuera poco, además se les incrimina por complicidad con la «oligarquía en el poder […] con el claro objetivo de lograr la unidad de todas las partes en defensa del Estado»[6]; emprendiendo una nueva campaña de tergiversación y confusión, acusando de prosélitos de la «lucha armada» a nuestros compañeros.
De más está entrar en distinciones, repitiendo por enésima ocasión las diferencias teórico-prácticas entre «lucha armada» y «vía armada». O exponer una vez más nuestra crítica puntual al culto al fusil; nuestro marcado hincapié contra la especialización y la vanguardia; nuestro reiterado rechazo a la clandestinidad y la lógica guerrillera. No se trata de cuestiones semánticas y/o malentendidos teóricos, lo que está en juego y realmente preocupa a todos estos oportunistas, es el fin del inmovilismo, el término de la parálisis a la que habían condenado al anarquismo desde la derrota del anarcosindicalismo español. Por eso temen tanto la reactivación de la línea de acción conspirativa. Por eso tiemblan ante el sedicioso despertar de la Anarquía. Que volvamos a ser la peor pesadilla del sistema de dominación acarrea consecuencias para los inmovilistas: la extensión de la lucha subversiva encarna el fin del “anarquismo” de café, concluye el apoltronamiento discursivo, finiquita la arqueología libertaria, extirpa la pose farsante y protagónica, erradica al pacifismo pusilánime y destierra todo lo ajeno en nuestras tiendas. Esto sin duda explica el eco y el porqué se difunden con «gusto» las cobardes declaraciones de la F.A.I. de este lado del Atlántico.
La incapacidad de reacción auténticamente subversiva y la premeditada ausencia de balance crítico, ha llevado al anarcosindicalismo y al especifismo por la senda de la autocomplacencia ideológica, el inmovilismo y la decadencia, instituyéndose en una oposición simbólica –vergonzosamente apegada a la legalidad y acomodada a las reglas del juego impuestas por la dominación– que le permite vegetar miserablemente en la enajenación, quedando reducida la acción a las declaratorias, los congresos y el turismo revolucionario. El conservadurismo de buena parte de su militancia ha subyugado a la Anarquía, transformándola en un pasatiempo demagógico a merced de la ideología y la prolongación indefinida de la vida artificial de un “movimiento” exangüe sentenciado a la sempiterna simulación. Denunciar pertinaces las prácticas y propósitos antianarquistas del inmovilismo sindicalista y especificista es nuestra tarea inmediata, sólo así podremos lograr la superación de caducos diagramas de organización y acción que hoy obstruyen el paso a un nuevo paradigma que se edifica en este instante porque ya vive en nuestros corazones y se agiganta al grito: ¡Qué viva la Anarquía!
¡Un gran abrazo rabiosamente anárquico para los compañeros Mario López; Braulio Durán; Gabriel Pombo da Silva; Marco Camenisch; Luciano Pitronello; Henry Zegarrundo; Elisa Di Bernardo; Stefano Gabriele Fosco; Alessandro Settepani; Giuseppe Lo Turco; Sergio Maria Stefani; Alberto Funaro; Inés Morasca; Marina Cugnaschi; Vincenzo Vecchi; Francesco Puglisi: Mihalis Nikolopoulos; Giorgos Nikolopoulos; Christos Tsakalos; Olga Ikonomidou; Damianos Bolano; Theofilos Mavropoulos; Gerasimos Tsakalos y demás hermanas y hermanos presos alrededor del mundo!
¡Un saludo entrañablemente solidario para la compañera Felicity Ryder y demás hermanos prófugos donde quiera que se encuentren!
Gustavo Rodríguez
San Luis Potosí, a 13 de julio de 2012
[*] “Della lotta armata e di alcuni imbecilli / De la lucha armada y algunos imbéciles”, declaración de la Conferencia Nacional de la F.A.I. ; 3 de junio de 2012, Reggio Emilia, Italia, disponible en: http://federazioneanarchica.org
[1] Ver, María Moliner, Diccionario del uso del español, pág. 1603; Editorial Gredos, Madrid, 2007.
[2] Id.
[3] F.A.I., “Della lotta armata e di alcuni imbecilli /De la lucha armada y algunos imbéciles”, declaración de la Conferencia Nacional, disponible en: http://federazioneanarchica.org
[4] Ibídem.
[5] Quizás resulte enteramente obvio, pero digámoslo de todos modos para enfatizar posiciones: por “anarquismo especificista” entendemos una forma organizativa determinada y la práctica que se corresponde con ella, concerniente a la organización específicamente anarquista. También forman parte del tronco especificista, las agrupaciones adscriptas a la vertiente habitualmente conocida como “plataformista” por su inspiración en los postulados de la Plataforma Organizacional (originalmente redactada en el lejano 1926 por Néstor Makhno, Piotr Arshinoff e Ida Mett) y, una variación poco original de su definición básica, el inadvertido Manifiesto del Comunismo Libertario de Geoge Fontenis, que data del año 1953. Es de recordar, que tanto Bakunin como Malatesta hacían referencia a la formación de “partidos” anarquistas haciendo hincapié en la necesidad de organización específicamente ácrata; una denominación que ni por asombro se aproxima a los partidos con pretensiones de actuación electoral y parlamentaria y tampoco se refiere al tipo de formación jerárquica y regimentada que se asocia a la definición moderna del término “partido de vanguardia”, como pretendiera acuñarle la Federación Anarquista Uruguaya (F.A.U.) en el período 1963-1975. Por añadidura, cabría señalar que el período de prevalencia del “anarquismo especificista” se inicia precisamente a partir de la derrota del proyecto anarcosindicalista y el repliegue de dicho paradigma; sin embargo, debemos subrayar que las organizaciones específicas no nacen exclusivamente después del descalabro del anarcosindicalismo español, aunque sí habrá de resultar evidente que su importancia será sistemáticamente redimensionada sólo luego y no antes de dicho acontecimiento. De cualquier manera, nos queda muy en claro que el período de prevalencia de las organizaciones específicas no corresponde en prácticamente ningún caso con la existencia de un paradigma anárquico, quedando inscrito en una etapa de repliegue y sobrevivencia, que apunta al mantenimiento de algunas referencias teóricas básicas pero ya en una atmosfera de dispersión y de ausencia de paradigmas claros y reproducibles. Época evidentemente hostil o, al menos, muy poco favorable que hemos denominado anarquismo en transición, en cuanto continúa albergando las referencias básicas de sus instancias fundacionales pero desaparece como amenaza material, como crítica arraigada en las condiciones materiales de las luchas concretas, para degenerar en ideología.
[6] F.A.I., Op cit.
A parte che il comunicato mi pare incompleto (ci si sofferma solo sulla parolina imbecilli), avrei un bel pò da ridire allo specifismo e sul fatto della FAU.
Sullo specifismo, vorrei ricordare che un conto sono le federazioni anarchiche presenti in sudamerica e un altro sono quelle italiane (parlando di quelle ufficiali ovviamente come FAI, FdCA etc). Mischiare la merda (FAI e amici) con gente che si fa il culo nelle varie realtà sociali presenti sul loro territorio (soprattutto per gli indigeni) è una gratuità veramente inutile e sterile, in quanto alcune sigle -e militanti soprattutto- sono perseguitate dallo Stato (vedasi quello che è successo in Bolivia di recente). Piccola parentesi: sicuramente sulla Bolivia mi potrai (o altri che mi risponderanno) dire sul fatto dell’OARS e amici: però c’è da ricordare che alcuni militanti di quest’ultima sono in carcere. A titolo informativo ho già letto e tradotto sia la lettera di Renatto Vincenti che quella di Henry Zegarrundo.
Un’altra cosa che non mi torna -andando un pochettino Off Topic- è quando Rodriguez parla della FAU. Egli dice che quest’ultima, tra il periodo ’36-’75, la FAU si fregiasse della nomea di partito d’avanguardia.
Ebbene, citando una parte estratta dal libro di Angel Cappelletti dal titolo “El anarquismo en America latina”, pagina 45 (si trova su scribd, nella sua versione spagnola eh) si trova scritto questo:
“Un hecho importante en la historia del movimiento en la República Oriental es la fundación de la «Federación Anarquista Uruguaya» (FAU) en 1956, cuyo órgano Lucha libertaria ocupó el lugar de Voluntad171. La FAU tuvo una influencia relativamente importante en algunos gremios obreros (al margen de la FORU) y llegó a dominar ideológicamente varios centros de estudiantes universitarios. Una adhesión acrítica a la revolución cubana por parte de la mayoría de sus adherentes provocó, en la década del 60, una escisión de la cual surgió la «Acción Libertaria Uruguaya» (ALU), dentro de la cual quedaron algunas de las más prestigiosas figuras del anarquismo local. La FAU fue declarada fuera de la ley en 1968 y posteriormente perseguida con saña, a partir de 1972, por la dictadura militar, que encarceló, torturó y asesinó a muchos de sus militantes.
Reconstruida en 1986, ha formulado una «Declaración de Principios» y presentado un programa de acción acordes con el momento histórico de transición a la democracia representativa. En cambio, puede decirse que la FORU ha dejado de existir como central obrera. La lucha sindical, llevada adelante ahora por el PIT-CNT (dos centrales que actúan coordinadamente) no es ajena, sin embargo, a la actividad de los anarquistas uruguayos de hoy, muchos de los cuales trabajan por sus ideas en los diversos gremios y aún logran predominar dentro de algunos de ellos.”
Tradotto viene fuori na roba del genere:
“Un fatto importante nella storia del movimento nella Repubblica Orientale è la fondazione della “Federazione Anarchica uruguaiana” (FAU) nel 1956, il cui giornale è Lucha Libertaria che prese il posto di Voluntad171. La FAU aveva avuto un’influenza relativamente importante in alcuni sindacati (a parte il FORU [che era l’equivalente della FORA in Argentina, nota del sottoscritto]) ed è venuto a dominare ideologicamente in diversi centri di studenti universitari. Un sostegno acritico alla rivoluzione cubana dalla maggior parte degli aderenti ha portato, negli anni ’60, a una scissione ed è nata la “Acciòn Libertaria uruguaya” (ALU), all’interno del quale vi sono state alcune delle più prestigiose figure anarchiche locali. La FAU è stata dichiarata illegale nel 1968 e successivamente perseguitata, dal 1972, dalla dittatura militare, che aveva imprigionato, torturato e ucciso molti dei suoi membri.
Ricostruita nel 1986, ha emanato una “Dichiarazione di principi” e ha presentato un programma d’azione in linea con il momento storico di transizione verso la democrazia rappresentativa. Invece, si può dire che la FORU ha cessato di esistere come sindacato. La lotta sindacale, portata avanti oggi dalla PIT-CNT (due sindacati che agiscono coordinatamente) non è estraneo, tuttavia, l’attività degli anarchici uruguaiani odierni, molti dei quali lavorano per le loro idee nei vari sindacati e hanno anche raggiunto rilievo all’interno di alcuni di essi.”
Ci sarebbe da criticare che avessero sostenuto/fatto il gioco della democrazia rappresentativa (qua però bisogna raccogliere del materiale per vedere se era fatto dalla FAU o dalle singole individualità uruguaiane), ma vorrei sapere in quali scritti la FAU si fregiasse di partito d’avanguardia e capire se gli altri sanno più o meno che situazione sociale vi è sia in Uruguay e sia in Sudamerica (in generale quindi) in modo da poter capire meglio cosa accade lì