(it-en-es) Inferno Personale

FONTE

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ESPAÑOL

…io non voglio e non concedo solidarietà,
perché sono convinto che sia una nuova catena
e perché io credo con Ibsen che colui che è più solo sia il più forte.
Renzo Novatore – Io sono anche un Nichilista

INFERNO PERSONALE
per un superamento della solidarietà

Invito all’azione Egoista Nichilista a gli affini colpiti dalla legge dello Stato emanata dalla società sotto il volto di Suor.Manuela Comodi

Nessuna preghiera!
Nessun segno di cedimento!

Il ribelle che trionfa nel suo Io conosce e sa che quanti abissi ha la sua esistenza,ahimè ”vi sono troppi abissi per i solitari” soleva dire lo Zarathustra!

Nessuna preghiera!
Nessuna professione di fede e nessun credo per il solitario!
Nessuna solidarietà fanatico religiosa per il solitario!
Nessuna preghiera e nessun rosario!
Questo è il sentiero,la non-via!
Sollevatevi dunque o singoli vagabondi dell’Io!
Non stare in ginocchio!
Se Muori la tua anima creperà ancora prima del tuo corpo!
Non pregare!
Io sono un parapetto sulla corrente:mi afferri chi può.
Così il tuo Io parla!
Io non sono però la vostra stampella.

Non confidare nell’uomo raccomandava il Cristo! Io aggiungo, neanche nel Dio!
Il programma anarchico, basandosi sulla solidarietà e
sull’amore, va al di là della stessa giustizia… L’amore da‘ tutto quello che può e
vorrebbe che gli altri facessero a voi (cioè il massimo bene) è cio‘ che i cristiani
chiamano carità e noi chiamiamo solidarietà: insomma è amore”.

Nessuna Carità!
Confida in te stesso!
Non mendicare!

A gli affini di Culmine e di Parole Armate
Edizioni Cerbero – Maurizio De mone e Federico Buono

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(it-en-es) Perugia – Anarchici indagati, perquisiti e interrogati

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ESPAÑOL

Il 29 marzo 2012 la procura di Perugia, con un’indagine a carico della p.m. Comodi, ha dato il via ad un’operazione repressiva in grande stile nei confronti di 4 compagni anarchici.
Perquisizioni domiciliari a Pisa e provincia, in provincia di Chieti, a Brescia, a Genova, a Catania, a Ravenna ed in altre località. Non ancora abbiamo un quadro completo, ma ci risulta che 2 compagni, dopo la perquisizione sono stati condotti in maniera coatta presso la
caserma dei ROS di Perugia e sottoposti ad interrogatorio da parte della p.m. I compagni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ed in nottata, dopo un sequestro di persona di oltre 22 ore, sono stati rilasciati. Continua a leggere

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(it-en) Pericolo sicurezza

Perugia – Anarchici indagati, perquisiti e interrogati

A causa delle indagini, potrebbe molto probabilmente valere anche per noi! Al momento, non avendo il computer, ci è difficile far fronte alla ripresa delle attività, ma ci stiamo attrezzando. In merito alla sicurezza informatica, vedremo di fare il possibile!

 

Carefull, due a police investigation, don’t write anymore to us! Right now we don’t have computers, but we’re going to solve this problem. About informatic security, we’ll try to do our best.

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Io e la Mia Proprietà: Interazione Egoista, parte I

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Tratto da My Own #2 (N. 2 Marzo 2012)

Io e la Mia Proprietà: Interazione Egoista, parte I

(Questa è la seconda parte della serie iniziata con “Cos’è un individuo?” in My Own #1)

«Tu, l’Unico, sei “l’Unico” solo insieme alla “tua proprietà”.» Max Stirner

La dichiarazione di Stirner precisa che la mia vita e me stesso sono composti da interazioni. Da ciò, capisco che se voglio creare deliberatamente la mia vita come propriamente mia ho anche bisogno di creare deliberatamente queste interazioni. Ho bisogno quindi di entrare in ogni interazione con un intento chiaro. Gran parte della gente potrebbe ritenere che io abbia sempre avere un obiettivo o un proposito per l’interazione, ma io considero l’intenzionalità come qualcosa di più ampio. Essa può anche consistere nel dare il mio immediato senso o comprensione all’interazione. Nell’attuale contesto sociale, mi ritrovo spesso costretto a prendere parte ad interazioni che non ho scelto, ed è qui che una tale differenza acquistano significato. Come rendo mie queste interazioni?

Quando un’interazione è totalmente o in parte una relazione sociale, la rendo mia sovvertendola o distruggendola. Se l’interazione è interamente una relazione sociale (come quando acquisto un articolo al supermercato), per me è più saggio sovvertirla al di fuori di un’insurrezione su larga scala. Ma questo cosa significa? Come posso prendere parte a questa interazione in modo da metterla in questione al suo livello più basilare? Continua a leggere

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Intorno alla violenza e alla vita

Nelle mani dello Stato la forza si chiama diritto, nelle mani dell’individuo si chiama delitto.
                                                                                                                               Max Stirner

Il dibattito sulla violenza, sulle sue origini e sul suo uso va avanti da tempo immemore. Ciclicamente tornano alla ribalta le tavole rotonde sull’esercizio della violenza, sul suo monopolio o sulle dosi che di essa andrebbero dispensate. Come sottolinea anche il compagno Pierleone Mario Porcu nel suo scritto “Intorno alla violenza e alla vita”, c’è una dimensione della violenza, forse quella che dovrebbe essere più evidente, che è prettamente quotidiana, alla quale gran parte degli esseri umani è sottoposta, in maniera consapevole o no. E’ innegabile riconoscere che la violenza, nella sua versione legalizzata e oggi democraticamente riconosciuta, è una delle armi di cui è composto l’arsenale a disposizione del dominio, che sia essa fisica o psicologica.
Di certo, parlare di non violenza, resistenza passiva e altri surrogati di rivolta è un’attitudine che non ci riguarda, bensi da essa cerchiamo sempre di prendere le dovute distanze. La rivolta contiene integralmente la violenza e il suo unico limite, ad oggi, è nell’esercitarla solo in occasioni sporadiche, tralasciandone invece l’utilizzo sistematico nei confronti di ciò che ci depriva della nostra autonomia. Siamo d’accordo con l’autore del testo quando questi cita il fondamento religioso, considerandolo uno dei fattori che ha espropriato la violenza a svantaggio di tanti esseri umani, riducendo essi ad uno stato di impotenza funzionale al mantenimento dello status quo.
Ed è proprio questo il risultato voluto anche dai fautori della resistenza non violenta, ovvero la delega del proprio sentire mascherata da una protesta consapevole. Solamente allontanandosi dalla trappola della non violenza è possibile superare l’illusoria dicotomia tra difesa e offesa, ritornando in possesso della propria capacità e portata offensiva da far detonare a danno delle sentinelle dell’autorità. Continua a leggere

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(it-en-gr) Non dite che siamo pochi

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La versione grafica in italiano è tratta dal trimestrale Fenrir (N. 2 Marzo 2012)

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(it-es) Alcune brevi note su vecchi e nuovi dei e sulla negazione/rottura

Bisogna ribadire l’importanza della rottura/eliminazione di ogni aspetto arginante e superiore alla propria individualità dell’esistente, aspetti che fanno sì che la totale liberazione individuale venga completamente sepolta sotto tutto il peso della morale e dell’educazione. Bisogna farla finita, attraverso una pratica continua di negazione e di distruzione, con tutte queste divinità che sottomettono l’individuo ad un codice di valori che spegne la fiamma della sua rivolta; c’è bisogno di un’azione annientatrice perpetua, che tenga lontano tutto ciò affinché non inquini l’individualità stessa.
Ogni volto di questo mondo che odiamo ne rappresenta un pezzo, un ingranaggio, un meccanismo più o meno fondamentale, per questo ciascuno di loro va attaccato con ogni mezzo possibile e con tutta la forza; non possiamo né dobbiamo avere pietà, né lasciare spazio alle rappresentazioni della società, sotto qualsiasi forma si presentino.
Per questo c’è la necessità di una lotta “infinita”: ogni individualità deve essere costantemente in guerra con ciò che l’opprime, senza lasciargli un centimetro, guadagnato col proprio sangue e col proprio sudore, e mai arretrare. Mai.
 

ParoleArmate

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(Ringraziamo i compagni di Culmine per il loro aiuto in questa traduzione)

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Alcune brevi note su vecchi e nuovi dei e sulla negazione/rottura

I
Quando partiamo dal presupposto che è necessaria la distruzione dell’ordine sociale e di tutto l’esistente, siano questi: i suoi dogmi morali, valori, virtù, cultura, ecc., si stanno vagliando le motivazioni fondamentali che si propone qualsiasi individualità anarchica.
Tuttavia, ciò non solo non è un compito facile, ma è anche indispensabile tenere in considerazione che il motivo della distruzione e della morte dei vecchi dei era segnato anche dalla necessità di distruzione dell’ordine sociale e di tutte le regole che imperavano in queste società.
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(it-es) L’Anarchia e la non fede nei valori e nei dogmi

Anarchia non più solo come rottura.
Anarchia come distruzione di ogni barriera fisica o mentale che impone l’esistente negli aspetti più comuni della vita. Anarchia come negazione e smantellamento di questa vita stessa.
Gli aspetti arginanti del nostro Io sono molteplici; tuttavia, come già dimostrato in precedenza, nel testo di Nihil “Alcuni schiavi felici”, ciò che risulta veramente difficile da combattere è un nemico interno. Al di là dell’accettazione compiacente, un’altra parete da sfondare è quella dell’etica e dei valori; un muro intrinseco al nostro quotidiano, iniettatoci dalla società (in tutti i suoi aspetti) che ci frena, ci blocca, ci separa dalle nostre pulsioni più profonde, che caratterizzano le nostre scelte, il nostro agire.
La distruzione di dogmi e valori risulta quindi necessaria per trovarsi faccia a faccia con se stessi; per lanciare il fuoco del nostro odio su ciò che non accettiamo e non vogliamo accettare.

ParoleArmate

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(Ringraziamo i compagni di Culmine per il loro aiuto in questa traduzione)

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L’Anarchia e la non fede nei valori e nei dogmi

Cos’è l’Anarchia? Che significa essere Anarchico? Per fornire una breve descrizione di ciò, si può affermare che l’Anarchico e l’Anarchia significhino il rifiuto totale ed assoluto di tutte le credenze, dogmi e valori che l’ordine spettacolare impone agli individui, con l’obiettivo di perpetuare l’esercizio del dominio e del controllo sociale, di soggetti sopraindividuali.
In questo rifiuto, si può includere anche la totalità delle ideologie, poiché queste esigono non solo la credenza assoluta nella stessa, ma anche la totale sottomissione della volontà individuale al corpo dei dogmi e dei valori determinati da esse.
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(it-es) Alcuni schiavi felici

La distruzione totale della società è un percorso difficile e tortuoso. Essa poggia su fondamenta resistenti: la religione, lo stato, il lavoro, l’abitudine, la certezza e via dicendo. Tra queste, ce n’è una particolarmente insidiosa e difficile da estirpare: la compiacente accettazione di ciò che ci circonda. Ed è questo che il seguente testo vuole sottolineare: la sicurezza di una vita fatta di certezze piega molti al volere della società stessa, che dispensa miseria e ciclicità e induce gli individui al proprio sacrificio nel nome di chissà quale divinità, sia essa metafisica o meno.
Siamo convinti del fatto che la rottura con ciò che ci limita debba partire da un agire individuale, da noi stessi, cominciando con l’abbattere i nostri freni morali e la nostra educazione, per poi esplodere in un attacco contro tutto l’esistente. Non abbiamo fiducia nelle masse, non aspettiamo un fantomatico risveglio del popolo: l’attacco si porta avanti giorno per giorno, minuto per minuto, in ogni respiro, in ogni sguardo ed in ogni pensiero.
Non c’è alcuna intenzione di chiedere più diritti, più uguaglianza nella sottomissione, un miglioramento del carcere in cui siamo quotidianamente rinchiusi; c’è solo l’ardente desiderio di distruzione.

ParoleArmate

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(Ringraziamo i compagni di Culmine per il loro aiuto in questa traduzione)

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Alcuni schiavi felici

Come hanno ben detto alcuni: “non c’è peggior schiavo dello schiavo felice. Non c’è tirannia più sicura di quella che si sopporta con allegria”.
Questa semplice frase è di grande profondità, al di là del fatto che racchiude una grande verità. La gioia di essere schiavi, nell’attuale ordine sociale, sta riempiendo le prigioni di vittime volontarie, desiderose di essere schiavizzate, senza arrossire in alcun modo, e dinanzi a qualsiasi cenno di messa in discussione dei ceppi con i quali lo spettacolo sociale li ha incatenati, questa massa amorfa e uniforme di schiavi felici, e desiderosi di approfondire la propria schiavitù, non dubiterà neanche per un istante di piangere e supplicare i poteri perché “agiscano”, perché la sicurezza imposta dai loro padroni perduri, e, pertanto, sopravviva la tirannia dello Stato/capitale.
Oggi la felicità della schiavitù è data da altri fattori, oggi non è più la sicurezza del tetto e del cibo dei secoli passati, al contrario, la schiavitù si è trasformata, è molto più sottile, è travestita attraverso i diritti, della cittadinanza, della democrazia, del lavoro, dei diritti umani, dei beni di consumo, vacanze, carte di credito, ecc. Continua a leggere

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(it-en) Per un mondo assolutamente altro

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Per un mondo assolutamente altro

Una vita sfrenata, un viaggio nell’altro assoluto, richiede la totale distruzione non solo del “mio” lavoro, ma anche del vero concetto di lavoro ed economia in quanto basi delle relazioni umane.                                                                                                                Jean Weir

Se il progetto anarchico può risultare incomprensibile a quelli che hanno imparato ad accettare la necessità di essere governati e a preferire la sicurezza alla libertà, questo progetto inteso nella sua totalità, come completo rovesciamento di tutte le relazioni sociali basate sull’obbligo e sulla forzatura, può essere incomprensibile persino per molti anarchici. L’idea della distruzione del lavoro va frequentemente incontro a incomprensioni. E ciò succede in più di una forma.

Il tipo più frequente di incomprensione che ho incontrato quando ho parlato di distruzione del lavoro consiste nella banale esclamazione: “Ma dobbiamo mangiare!”. Per alcuni versi questa reazione è piuttosto simile alla risposta all’appello per la distruzione delle prigioni, con poliziotti e stati che si lamentano: “Ma allora poi gli stupratori, i ladri e gli assassini sarebbero a piede libero!”. Questa è una risposta che nasce dall’ambiente – abbiamo sempre vissuto in un certo modo. Dentro questo modo ci sono istituzioni specifiche addette a soddisfare bisogni particolari – infatti, il lavoro e l’economia sono i contesti istituzionali attraverso i quali il cibo viene fornito all’interno dell’attuale sistema di relazioni sociali, e non ne conosciamo altri (se non per sentito dire). Cosi l’idea di un mondo senza lavoro evoca visioni di carestia soprattutto quando termina la capacità di sognare. Continua a leggere

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